Pat Metheny e il canto di Orfeo


Due ore e mezza di concerto, due bis e tre duetti di eccezioni: si conclude nella cornice di Aosta Classica il tour italiano di Pat Metheny, musicista jazz di fama internazionale, funambolo della chitarra.
Alle spalle ha venti grammy awards e tre dischi d'oro, collaborazioni con artisti del calibro di Herbie Hancock, Steve Reich, Milton Nascimento, ma anche con nomi più conosciuti al grande pubblico come David Bowie e Joni Mitchell, oltre che col napoletano Pino Daniele. Eppure, “in casa mia non si vedono premi”, ha affermato. Anche il look sul palco è semplice, quasi dimesso; non è sinonimo di noncuranza ma è la divisa di un artista che preferisce lasciare parlare la sua musica, limitandosi a pronunciare pochi ringraziamenti sentiti.
Le tribune dell'anfiteatro romano non sono piene, probabilmente a causa del concorrente concerto della rossa cantante della mala Ornella Vanoni, che si esibiva nella rassegna del forte di Bard, ma gli spettatori sono infiammati dai virtuosismi dell'instancabile chitarra e dalle ingegnose improvvisazioni. È tutto un gioco di contrattempi, di intese, di riprese musicali; Metheny stuzzica il pubblico impazzito e si diverte a tardare il piacere finale.
Ad accompagnarlo sul palco un quartetto calibrato, arguto ma esplosivo: alla batteria il vincitore di quattro grammy Antonio Sanchez, celebre per aver composto con la sola batteria la colonna sonora del film Birdman di Alejandro Gonzalez Inarritu, pellicola che si è assicurata quattro premi Oscar.
Alla sinistra di Metheny il pianista britannico Gwilym Simcock, giovane talentuoso che vive il sogno di suonare con il suo idolo musicale.
A completare la band la bassista australiana di origine malese Linda May Han Oh di cui il frontman ha precedentemente tessuto le lodi: “sono sempre stato molto attento ai nuovi talenti musicali, ma quando ho sentito suonare Linda per la prima volta è immediatamente balzata in cima alla mia lista dei candidati. Ha tutti ciò che chiedo al mio bassista ideale”.
Il Pat Metheny Group è dunque una band polimorfa, aperta a influenze etniche e musicali, anche italiane (“L'Italia è la culla della melodia, e io sono stato così influenzato da essa, da aver sempre cercato di celebrare certi refrain melodici”). D'altronde, tutta la carriera del musicista del Missuri è stata all'insegna di una contaminazione che affonda le mani con uguale passione nel rock, nel pop, nella world music. Metheny a tal proposito ha affermato “a me piace la creatività; non sono interessato agli stili, non so neanche a che stile appartengano certe cose che mi piacciono o che faccio”.
Se, infatti, la passione della musica gli è infusa da un padre e un nonno trombettisti – tradizione portata avanti dal fratello – egli si avvicina alla chitarra imitando i Beatles, simbolo della sua generazione. Il jazz arriverà in un secondo momento, con Four & More di Miles Davis.
Nonostante le proprie mitologiche abilità tecniche Metheny è consapevole dei limiti del virtuosismo fine a se stesso. Così, come ultimo brano, regala ad Aosta uno struggente assolo alla Luna, ormai alta e panciuta, in cui sembra echeggiare, invocato dalle corde di chitarra, il malinconico canto di Orfeo.



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